Rieccomi a dir la mia, stavolta attorno a uno dei libri più letti al mondo: 1984. Stiamo parlando del testo che ha offerto lo spunto per far diventare il Grande Fratello (inizialmente, per traduzione dall’inglese, il fratello maggiore) la locuzione usata sia per discutere d’un percepibile sistema generale di controllo verso i cittadini, che per indicare la nota trasmissione televisiva diffusa in molti Paesi Occidentali, durante la quale una serie di protagonisti si “sfidano”, nel resistere alle incompatibilità caratteriali in un’abitazione zeppa di telecamere e microfoni, per feeling col pubblico.
Il testo è freddo, sporco e olezzante, nel solo senso che trasmette l’idea dello svolgersi i fatti in un luogo così. Viene da immaginarsi un paesaggio plumbeo in un Regno Unito facente parte d’una specie di macro continente, ora in guerra con uno dei restanti due, ora in pace con quello con cui era, appena prima, in guerra. Oceania, Estasia ed Eurasia rappresentano queste tre macro aree. Londra è dentro l’Oceania, guidata da un partito, il Socing, che tutto muove e stabilisce, oltrepassando le linee di confine dei gruppi primari sociali in cui tutti, ancora e se possibile, cresciamo e ci formiamo: le famiglie. Si manifesta per slogan, impone il bi-pensiero, la cancellazione nella mente degli eventi trascorsi e introduce la neolingua. Dice e fa tutto e il contrario di tutto al solo scopo di controllare totalmente l’individuo, il quale persino infante mostrerà crudeltà e noncuranza, verso i genitori quanto verso gli estranei.
Colpisce osservare come la famiglia venga bombardata, mi verrebbe da aggiungere di quelle stesse strane bombe che colpivano la città. Bambini pronti a massacrare di botte un vicino di casa e a far le spie, anche mettendo nei guai mamma e papà che, per sbarcare il lunario, non erano in regola.
Tutto è mantenuto in vita per il cinismo apparentemente di un partito soltanto, ma, nell’osservare la finta opposizione dell’immaginario personaggio Goldstein, e il teatrino di attacchi che dalla maggioranza gli si spinge contro, si comprende essere mantenuto in vita lo status quo al solo scopo di esercitare il potere sugli altri, cioè i milioni di cittadini non agganciati. Fra essi, i prolet (i proletari, diremmo) rappresentano gli individui che potrebbero dare una svolta al romanzo, mutandolo da distopico in utopico. Sono coloro i quali potrebbero fare una rivoluzione per portare la vera democrazia, ma sono gli stessi facilmente stoppati nei loro intenti, ora con lo spauracchio di una povertà maggiore, ora con la minaccia di sanzioni.
È talmente ammantata di sfiducia nel prossimo e nella chance di veder trionfare solidarietà e amore, la storia di Orwell, che non c’è momento in cui il lettore non dubiti anche della genuinità del rapporto fra Winston e Julia. D’altra parte, si comprenderà come il partito riuscirà, con la pratica della violenza sulla persona, a estorcere confessioni, relative (peccato!) a fatti mai avvenuti.
Tali confessioni faranno crollare, in ciascuno dei torturati, la fede nell’interrelazione autentica col prossimo, ma particolarmente metteranno le basi affinché un gruppo enorme, la massa dei cittadini, non riuscirà ad andare oltre la superficie nella discussione di questioni sociali rilevanti.
Impressionante ed emblematica troverà il lettore la figura di O’Brien, come la povertà e la fame dilagante mitigate esclusivamente dal partito, quando è il partito a decidere di premere sull’acceleratore per fare del cittadino un “buon cittadino”. Pesa come un macigno, tra una descrizione scarna eppur forte dell’abbigliamento del succitato Winston, e il freddo dei materiali e gli odori quasi mai particolarmente gradevoli delle bevande, la mancanza di momenti di gioia pura nelle famiglie. La neolingua spaventa chi legge quest’opera, che farà un raffronto con le semplificazioni, le stesse, appunto, volute dal linguaggio super conciso, degli odierni politici, e (ahimè!) non vi troverà differenze.
Il libro, a dispetto della sua notorietà, non è scorrevolissimo e bisogna cercare di leggerlo in meno tappe possibili. È un must per chi ha capito già come, attraverso il controllo del singolo e il tentativo di disgregazione del nucleo familiare, grazie a deplorevoli intromissioni, chi governa gioca a palla e mai la molla per far reggere il cittadino giustappunto con un panino. È una possibile scelta in libreria (o biblioteca) per chi si interroga, con coraggio, riguardo l’atteggiamento, nelle stanze dei bottoni, dei politici che vantano in pubblico tantissime buone intenzioni e celano in privato quelle vere, cattive.
Pensate, oggi in Italia si commemora la liberazione dal nazifascismo. È il 25 aprile. L’affrancamento da una dittatura fortissima fu un evento magnifico, ma il controllo spasmodico degli individui si è affievolito? Forse è ancor più marcato. Il potere costituito, dagli anni 50 in poi, ha promosso le libertà, e particolarmente quella del dissenso? A me, modestamente, pare che negli ultimissimi anni si cerchi di contenere in un recinto, con filo spinato qua e là, il cittadino di questo Bel Paese. Magari mi sbaglio; d’altronde ciascuno di noi ha le proprie impressioni, esattamente come nella lettura.