Questo libro costituisce un tassello molto importante, prima ancora che per la comprensione della figura di Giovanni Aiello, per sentire la massa, spaventosa, di elementi i quali, dall'interno delle istituzioni che dovrebbero contrastare l'illegalità, ne esaltano la “missione”.
Il testo, per le innumerevoli presenze del soggetto protagonista a distanza di anni in più punti, per lo più lontanissimi fra loro, fa fatica a offrire una cronologia lineare al lettore. Le storie sono ben raccontate, fra azioni criminali e di contrasto al crimine delle varie persone la cui vita è possibile ulteriormente indagare, volendo, con testimonianze e atti. Probabilmente, riguardo ciascuna di esse si potrebbe scrivere un libro, ma la particolarità di Faccia da Mostro risiede nell’esser stato un individuo compenetrato in realtà all’apparenza agli antipodi; andiamo dalla Polizia di Stato alla Mafia, dalla ‘ndrangheta ai Carabinieri, ai Servizi Segreti e ad organi dai superpoteri contro tutte le mafie.
E poi andiamo sulla spiaggia di Montauro, con lui a pescare stavolta; sì, dico sul serio, era infatti pure un pescatore Giovanni Aiello.
Una vita misteriosa, chiusa da una morte quasi sicuramente naturale, improvvisa, avvenuta nel 2017, che ha sbarrato la strada alla chance (per l’autore concreta, per me lontana) di conoscere qualcosa in più sulle trame passate, specialmente di Cosa Nostra, grazie a un paio di udienze che sarebbero state prossime.
Non si può riassumere in poche righe una raccolta d’intrecci laidi come quella rappresentata su carta, su questa carta. Io desidero soltanto far comprendere se possa essere di un qualche interesse la lettura: lo è, per inciso. È innegabile tuttavia che unire, in questa recensione, delitti importanti e ricchezze vere non così ostentate, ma sicuramente presenti, a furtarelli in supermarket di prodotti per la cura della pelle, può esser d’aiuto per fare immaginare la complessità e la stranezza della mente di colui al quale Lirio Abbate ha pensato.
È innegabile, ancora, che far sapere adesso quanto poco si sia potuto conoscere sui suoi trascorsi già anche solo in Polizia (perché Giovanni Aiello di essa ha fatto parte), dà un po’ il senso dello smarrimento. Perfino le coperture ottenute da alti funzionari, primo fra tutti l’infedelissimo Bruno Contrada, non giustificano la nostra incapacità di farci un quadro abbastanza dettagliato del soggetto in quel periodo, quello in cui prestava servizio come Forza dell’Ordine.
Tanto ci dà la misura di quanto, globalmente, nel pubblico generalmente la trasparenza non sia scontata.
Vi lascio immaginare i vuoti negli anni successivi… Anni in cui le figure femminili di riferimento, a cominciare da quella della moglie per finire con quella, particolarmente oscura, di una specie di “socia in affari”, non sono mancate. La complementarietà fra uomo e donna trova anche qui la sua applicazione e non c’è da stupirsene. C’è da stupirsi, al contrario, di quanto poco avessero da fidarsi certi Tutori dell’Ordine non solo dei loro compagni pari grado, ma (ahimè!) anche dei loro, qualche volta ammirati, superiori. Quando si leggerà dell’uccisione, quasi filo conduttore di tutta l’opera, del poliziotto Nino Agostino si resterà di sasso per le false amicizie intorno e i depistaggi infiniti che hanno caratterizzato l’intera indagine. C’è tanto da leggere, tanto da conoscere e, se si desidera, tanto da approfondire.
Come spesso amo fare quando racconto a voce qualcosa di una certa consistenza a chi mi è accanto (non curandomi proprio della voglia di andare al dunque dell’infastidita platea), ho lasciato per ultimo l’evento più pesante (anche se, devo ammettere, non è che per gli altri il gradino più alto del podio sarebbe stato immeritato…). Vogliamo dire che è fulminante? Quale sconcerto vi investirebbe se sapeste che all’ingresso di una strada chiusa (vicolo Pipitone, in Palermo, parte urbana separatrice di due ali di palazzine basse che sono andate a formare una specie di fortino per decenni), in favore del gotha di Cosa Nostra, quando venivano lì decisi gli omicidi eccellenti della Sicilia, o addirittura poco più avanti compiuti, si piazzava una camionetta dei Carabinieri ad assicurarsi che vi entrassero solo “padroni di casa” e “invitati”?
Il testo è ben redatto, ma chi, come me, è abituato a leggere di eventi con elementi tutti noti, soffre i vuoti che, per forza, si presentano. Un merito esclusivo, che non mi aspettavo di dover riconoscere, va all’intreccio e addirittura talvolta alla confusione, intendo al mix, tra chi agisce per onorare la legalità col vestito dello Stato e chi agisce per onorare le azioni delittuose con quello stesso vestito, qui coraggiosamente messi in luce. Miscugli esposti con dovizia di particolari pruriginosi per chi (buffamente) si ostina a sostenere una narrazione che pure i gatti hanno finito di accettare.