Non a caso questo libro è considerato un super classico della letteratura italiana: molto ben scritto, articolato e inducente a riflessioni profonde sui ruoli necessariamente in funzione nel rapporto tra individui vicini. Un equilibrio tra sentimenti reali e forti, in cui il buon trasporto sembra appannaggio di pochissime figure (una su tutte, direi, la mamma di Mattia) e, nelle studiate mosse, l’ineluttabilità dei molti. In siffatto equilibrio si muove pure il rossiccio barbuto tra città immaginarie, come Miragno, e città reali, come, fra le altre, Roma e Pisa in un’Europa, e maggiormente un'Italia, presumibilmente a cavallo tra gli ultimissimi decenni dell'Ottocento e i primissimi anni del Novecento. Non mancano, favoriti dal periodo scelto, riferimenti al trasferimento istituzionale del Sud dal Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Non si aspettino note politiche i lettori, se pur non mancano incertezza e nervosismi nel passaggio di testimone, nonché una qual mestizia nei Borbone (nel testo denominati Borboni) e nei loro più stretti collaboratori.
Il tema è la famiglia, sono le amicizie e le conoscenze che, intrappolanti un soggetto in una posizione, sembrano volere esser morsa senza pietà per la libertà del soggetto stesso. In verità, il malcapitato (cioè Mattia Pascal), se da una parte appare vittima di un meccanismo perverso, dall’altra, quasi sempre manchevole di attenzioni e costanza verso più di un’anima, non si adopera a sufficienza per determinare un futuro. Scioperato da ragazzino e quasi scioperato da adulto, malgrado un carattere più incisivo del fratello Berto, non sembra egli esser meritevole, per il fato, di maggior beneficio oltre la misura data dallo stesso in forma di guadagno economico. Misurato guadagno, necessario sufficiente a sostentarsi, da vivo e… da morto.
L'apertura e la chiusura del racconto, fantastico ma non troppo (come vedremo più avanti), in una biblioteca di paese dà il tocco di una spezia preziosa a un piatto già prelibato. Un piatto ricco di tantissimi elementi, fra cui molteplici personaggi con maggior minuziosità descritti quanto più rilevante è il loro apporto al filo che tutto collega.
Il considerevole numero di individui coinvolti e gli intrecci che vanno a crearsi, anche a distanza di parecchie pagine, mi fa caldamente consigliare di legger serratamente l'opera. Leggerla a riprese distanziate, magari solo di tre o quattro giorni, fa rischiare la perdita della trama.
Sfogliai questa meraviglia ai tempi della scuola, forse alle Superiori, eppur devo ammettere non ricordavo i soggetti coinvolti e le dinamiche; né ricordavo il messaggio generalmente attribuito, di resa al destino proprio dell'Uomo. Oltre ad esso (giunto sino a noi da studiosi del brano dello scrittore siciliano), devo dire che tra le tante righe vi ho scorso la costrizione al raffronto con familiari e affini difficili (si pensi alla vedova Pescatore totalmente, come a Romilda e alla zia Scolastica parzialmente) quale prezzo da pagare per il mantenimento di una posizione degna di considerazione sociale, nonché la “necessità”, a volte, di ferire una persona verso cui si nutrono solo bei sentimenti in fondo (si ricordino certe vicende che hanno riguardato Adriana e su tutte quella, tragica, della scomparsa del signor Meis, alias Mattia Pascal), allo scopo di seguire un percorso che ci allontani dalla rovina.
Il libro è davvero un capolavoro e, devo affermare qui nettamente, non dico debba leggersi per forza negli anni scolastici (poiché esistono testi altrettanto validi), ma non si può pensare di accantonarlo poiché vagamente antiquato. Non avrebbe alcun senso.
Il fu Mattia Pascal non solo suggerisce termini poco o punto in uso (maritare, bislacco, serviziale come «clistere», laido e altri), ma anche una riflessione sul cambio di sensazione allo scorrere del tempo (il vocabolo orgasmo sarà ripetuto quattro o cinque volte e cacio 😂 è “pronunciato” con riguardo…).
Trovo, poi, divertente e intrigante non solo il mix tra eventi storici ed eventi di fantasia, ma anche quello fra posti storici e posti di fantasia, e mi sovviene a tal proposito, per esempio, il Caffè Aragno in via del Corso, a Roma; qualcosa che doveva lasciar senza fiato ai suoi tempi…
Come non fare cenno, ancora, all’ironia buttata qua e là come briciole di pane equidistanti per nutrire festanti passerotti (a un ritmo che perfettamente si addice alla declinazione teatrale di tutto il brano)?
Mi sono domandato se mai oggi, non dico un signor Pascal poi, ma anche soltanto un signor Meis prima, con l’interfacciamento senza soluzione di continuità col mondo fuori dalla nostra individualità, che caratterizza il nostro quotidiano, potrebbe esistere. Un Meis, intendiamoci! Perciò non un soggetto coperto da uno Stato. Negli ultimi anni (siamo nel 2023) il controllo sui movimenti del cittadino trasparente è diventato asfissiante, ma vi fornisco un nome, legato a una vicissitudine del tutto paragonabile a quella del signor Pascal, riguardo la quale, addirittura, venne domandato parere (pensate…) a Pirandello in persona. Indagate, se volete: il nome è Ambrogio Casati di Luigi. Se lo farete, resterete di stucco!
Bene; è stato più che gradevole stendere la recensione di un libro mai scialbo e sempre invogliante ad andare a spron battuto verso le righe ancora da leggere. Quando mi trovo davanti a “pezzi” del genere la difficoltà risiede nel sintetizzare il bello, non nel cercare qualcosa da trasmettere.
Se state pensando a un bel classico da leggere o regalare, magari a giovanissimi, col Fu Mattia Pascal non sbaglierete.