Quando si dice capolavoro si è assolutamente autorizzati a portare il pensiero al Padrino, un libro straordinario, potente come il suo protagonista, che non si ferma nella persona interpretata sul grande schermo da Marlon Brando, ma trascende al figlio Michael. Insomma il padrino diventa una figura, non già solo un uomo. Cioè un soggetto indispensabile, quello al vertice, indubbiamente, di qualsiasi Famiglia e quindi di qualsiasi nucleo sociale che alla famiglia in senso stretto si rifà e della sua struttura modifica, allarga, restringe, taglia e cuce per far posto a nuovi elementi o per escluderne di vecchi.
Si annusa la fragranza del ferro del sangue in questo testo, se ne rubano con gli occhi gli zampilli, si sentono intensi gli odori del sesso e si osserva incantati un bilancio tra passione e ragioni del business che non sa di costruito. Appare tutto reale, sotto il vigile funzionamento dei sensi. Ci sono puzze irresistibili che ci si sforza di sopportare coi protagonisti delle scene, e ci sono fragranze uniche e inimitabili, ci sono luci ed ombre nella notte, sguardi feroci come sguardi increduli più che ingenui e c'è una trama tanto complessa quanto meravigliosamente sbrogliata per l'intera distensione del racconto.
Non può non coinvolgere questo libro, in cui le storie si susseguono a tamburo battente fra scenari soliti, come usuali, e scenari insoliti.
Sembra di tornare indietro in un tempo di emigrazione selvaggia (dall'Italia) verso la terra promessa degli Stati Uniti dei primi decenni del secolo scorso, ma sembra pure di trovarsi, per qualche incomprensibile ma affascinante ragione, nelle decadi successive e fino agli anni ‘70 ‘80 in Italia.
La voglia di raccontare qualcosa di quel che può trovarsi tra una pagina e l'altra, ma anche solo fra un capoverso e l'altro, è forte, per quanto rapisce ogni segmento, e trattenersi per non anticipare costituisce uno sforzo notevole.
Se si pensa ai colpi di scena si rimane esterrefatti; accadono cose incredibili dopo che la suspense è stata superbamente creata, e un po' alla volta alimentata, parola dopo parola, da un Mario Puzo da Oscar.
Cosa dire ancora del carattere dei soggetti? Sono così ben descritti che è inevitabile una sorta di appoggio morale che si dà loro, o disapprovazione, anche fortissima, allo sfogliar d'ogni pagina.
Si ottengono in mente, poi, delle dimensioni di un potere in cui, con sapienza, il blend vien fatto sorgere dallo scrittore (ahimè non senza realismo) fra una legalità apparente ai consociati e un'illegalità riconosciuta tra gli appartenenti al clan, ma nascosta ai consociati, che stimolano lucidi risvegli (se mai occorressero) e altrettante lucide riflessioni.
La lettura, si può immaginare, non è consigliabile ai bambini, e necessiterebbe trovarsi in un'adolescenza abbastanza, diciamo, salda (per quanto un'adolescenza possa essere salda), affinché possa essere assorbita in tutta la sua forza e bellezza, ma anche romantica rozzezza la trama, potendo soltanto così del tutto di essa godere.
Da non perdere.