Dopo quella della Cia in Vaticano, un’altra sostanziale catalogazione.
Un libro che racconta i tanti scempi contro l’ambiente nel Sud Italia, in una speranza di ribellione forte, ma civile, che possa partire dalla presa di coscienza, già in corso, di piccoli e grandi gruppi di cittadini.
Questo è il desiderio che pare emergere dall’autore, ma intendo portare due appunti in merito; uno riguarda la retorica, la quale mi sembra essere ancora predominante a fronte di una giusta aspettativa di chi ha scritto l’opera, un altro riguarda la difficoltà trovata (dal lettore) nel recuperare un filo conduttore che sia sul serio utile al cambiamento.
La conferma di un immobilismo che si perpetua arriva, direi, dai fatti di tutti gli anni successivi all’uscita del testo. Non si sono osservati cambiamenti pesanti e, dubito fortemente, mai potranno osservarsi finché il Mezzogiorno resterà una colonia all’interno di una nazione a sua volta colonia. Gli interessi a mantenere posizioni di potere, a volte piccolissimo, a volte corposo, sono tantissimi e uno scatto d’orgoglio, vuoi per un motivo vuoi per un altro, non sembra essere alla portata di chi è in sofferenza, che non di rado preferisce o è costretto a emigrare.
Gli ultimi due anni e mezzo, poi, quelli segnati da chiusure e restrizioni di ogni genere, che hanno piegato innumerevoli piccoli imprenditori anche del Nord, sono stati caratterizzati dal non aver avuto alcuna… caratterizzazione. Cioè, non si è osservato un movimento ampio e compatto al punto da obbligare il potere centrale a prendere atto di una situazione insostenibile. Semmai, è aumentato di frequenza lo stillicidio dei giovani costretti a far valigia (con disinteresse di una classe politica appesa alla propria autoreferenzialità).
Ci sono rimandi religiosi (a inizio lettura) forse d'interesse per chi è di credo cristiano e lunghi elenchi di persone e associazioni che un po' frenano il lettore a spostarsi sui righi successivi.
Bassa scorrevolezza.
Non si avverte una direzione e la pregnanza di un messaggio chiaro.