Scorrevolissimo, scorrevolissimo, scorrevolissimo; ma questo è niente. È il racconto e quello che il racconto, al di là dello spazio temporale in cui s’inquadra, dunque quello della Russia di Stalin, a fare impressione.
Girovagando qua e là, si trovano dell’esposto allegorico di quest’immenso scrittore sempre le corrispondenze tra la storia raccontata, come una grigia e distopica fiaba, e la storia della corruzione politica di uno Stato amico dell’Inghilterra di cui possibilmente non si doveva dire, ma poco della perfetta, dico perfetta, sovrapposizione con quanto accade in qualsiasi moderna e apparentemente democratica e pacifica repubblica.
A me, sinceramente, viene da pensare che Orwell (il cui vero nome era Eric Blair) non intendesse circoscrivere l’insegnamento trasmutando la realtà politica russa nella realtà della ben nota fattoria.
O è stato un caso, o, nella sua genialità, l’autore aveva stampata in testa la realtà dei moderni e tiranni, ripeto, fintamente democratici, Stati, a cominciare, molte volte e beffardamente, da quelli che sbandierano il più alto rispetto per i diritti umani.
C’è la figura dell’Uomo solo e forte al comando, c’è quella di chi cura la sua propaganda, ci sono coloro che ne difendono l’incolumità, c’è il disilluso, c’è il distratto, ci sono altri elementi chiave rappresentati e c’è specialmente chi abbocca alle campagne di denigrazione del politico falso, facendo il gioco di chi tutto dona, tranne che più benessere vero, tangibile. Nella propria mente, man mano che si legge, si possono (anzi, si devono, direi) sostituire agli elementi faunistici gli individui che vengono in mente di uno Stato, benissimo quello italiano, che si muovono da un punto di vista politico, ma anche più banalmente solo sociale, dato che taluni animali rappresentano parte del popolo che non incide nelle scelte, non stando nella stanza dei bottoni.
È veramente qualcosa di impressionante la naturalezza con cui si “vede” nella propria mente scorrere l’azione e si “vedono” i comportamenti, da manuale di psicologia sociale, dei manipolatori della realtà, strafottenti prevaricatori.
Lascia di stucco, poi, la trasformazione che avviene nel tempo relativa alla distanza tra le aspettative di equità all’interno della comunità e le possibilità di realizzazione (di tale equità). In principio sembra tutto molto vicino e acchiappabile, col trascorrere dei mesi e degli anni tutto si allontana e sembra di evidenziare col pennarello la linea di un cerchio, partendo da un punto per raggiungere quello stesso punto.
Non occorrono altre parole, credo, per suggerire la lettura di questo libro, che fra l’altro ha avuto le sue vicissitudini prima della pubblicazione. Questo è un libro che fa paura (capite), istruisce, sostiene l’apertura degli occhi, fa paura anche oggi e fa paura in Italia. Quindi leggetelo e fatelo leggere ai vostri ragazzi, e ai vostri studenti se insegnate.