La mia prima mascherina - Libertà
Un oggetto, tradizionalmente di tutela della salute di medici, infermieri e fragili, adattato nel 2020 (e in seguito) alla limitazione comunicativa dei e fra cittadini.
Ecco, cari signori del passato che avete avuto la fortuna di essere qui negli anni ‘70 e ‘80 (o magari pure ‘90 e 2000), il simbolo, direi primo, dell’oppressione che abbiamo vissuto in modo “civile” dal 2020 in poi. In Italia come in tutto il resto del mondo, ma nel Belpaese, come si poteva attendere, con una forza notevole. Con noi se la son battuta molto bene Paesi ritenuti all’avanguardia nel rispetto della persona umana, quali Canada e Nuova Zelanda. In essi, politici e professionisti della branca scientifica al loro soldo, han dimostrato totale disinteresse verso dignità e salute psicofisica degli altri cittadini.
Vogliamo esser più precisi? Forse dobbiamo, sicuramente dobbiamo, poiché non è stata la gente comune a sovrastare altra gente comune, bensì la casta dei politici. Da sola? No, appoggiata dalla gran parte proprio della gente comune, che è rimasta in silenzio. In principio comprensibilmente, allarmata dalle galoppanti e intimorenti notizie di giornali e telegiornali riguardo un virus sconosciuto, ma poi anche colpevolmente, divertita spettatrice di schifose malefatte. Quest’ultime, in pochissimi mesi, non furono più appannaggio soltanto dei politici. Eh no! Ad accodarsi (e ad accordarsi) abbiamo avuto medici, giornalisti, soubrette e affaristi più o meno navigati navigatori di internazionali intrallazzi. Tutti ad affermare l’assoluta necessità di indossare la mascherina.
Improvvisata, magari cucita dalla zia sulle prime, ma subito dopo chirurgica ed FFP2 (sigla che la maggior parte di noi non aveva mai sentito nominare prima). Un mio collega sborsò la bellezza di centoquaranta euro per comprarne due da mandare a una coppia di zii in Lombardia, nei pressi di Bergamo. Non giunsero mai a destinazione, trafugate come furono durante il viaggio.
La 😷 mascherina, pian piano, dentro la testa stava diventando una museruola, un dispositivo non di protezione da un virus, bensì di silenziamento delle voci pensanti prima e dissonanti poi. Prova ne è stata l’introduzione progressiva (e velocissima) dell’obbligo al suo uso in ogni dove.
La comunicazione verbale fra persone si autolimitava (negli ambienti chiusi, pensiamo, da lontano non ci si poteva agevolmente far sentire). Le incomprensioni aumentavano, i silenzi pure. I silenzi (ahimè!) anche dei molti bambini costretti a distanziarsi nei luoghi pubblici d’apprendimento!
Quella appena sopra, in foto, era lavabile e ricordo quando la mettevamo in lavatrice, al pari d’un paio di mutande o di calzette. Se fossi stato altamente influenzabile, si sarebbe potuta trasformare (come pure accaduto per taluni) in un indumento a cui non far rinuncia. L’aberrazione, a ogni piè sospinto cercata dai potenti di mezzo mondo e dai loro scagnozzi, si stava facendo strada.
Il risultato è sotto gli occhi di chi li usa per osservare: Una moltitudine di donne e uomini pensa sia tutto passato e, in più, non si è resa conto della perdita di libertà subita. Il fatto grave è che, se già nel 2019 vi era meno libertà di 10 anni prima e nel 2009 ve ne era meno del 1999, nel 2020 si è compiuto un salto di “qualità” allarmante. Scienziati devoti magari a un dio malevolo (ipotizzo soltanto, poiché è difficilissimo darsi spiegazioni sensate) e rappresentanti istituzionali d’ogni livello gerarchico loro compagni di merende (e che merende!) hanno trovato il modo, attraverso la paura, di condizionare la vita di decine di milioni di cittadini. È stato così che, ancora oggi, senza alcuna ragione, si vedono in lontananza soggetti con la mascherina al volto passeggiare da soli o, addirittura, praticare sport. Ci stiamo riferendo alla parte visibile del danno compiuto, ma non possiamo dimenticare il combattimento interno (che può esser stato più o meno intenso) in ciascuno di noi per decidere l’abbandono di questo dispositivo sanitario.
Chi legge oggi, nel 2024, sa cos’è successo (e cosa sta accadendo), ma in principio d’articolo ho voluto far finta di rivolgermi a donne e uomini che hanno concluso la loro conoscenza del mondo prima dell’arcinota pandemia (vera?).
Allora vorrei ancora ricordare un sol fatto, fra i tantissimi che hanno ignobilmente segnato un periodo oscuro come pochi nella storia: il trattamento sanitario obbligatorio riservato a un ragazzo di Fano (PU) che aveva cominciato la giornata a scuola semplicemente cercando di affermare il suo pieno diritto a non indossare la mascherina. Sconcertante è, ad oggi, leggere ancora della notizia con l’offerta visione di allora (del tutto fuorviante), da parte di mass media guidati (evidentemente) da incompetenti o da strilloni di regime, di un ragazzo fuori di zucca che avrebbe in qualche modo meritato simile macchia.
La partita non è chiusa. Non ci saranno, forse, vincenti e sconfitti, ma non è chiusa.