Se il massimo fosse dodici stelle ne darei dodici, se fosse quindici, ne darei quindici.
Ragazzo negro è un libro magnifico, un’autobiografia di una potenza spaventosa in una linearità di scrittura e una scorrevolezza rare.
È la storia dell’autore dai primissimi anni di vita in una casa di quelle sollevate da terra, quelle che, troppo sottili e scarne, hanno un’intercapedine che permette il passaggio di un flusso d’aria per scongiurare l’attacco dell’umidità risalente, una casa del Sud degli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso, fino al momento della partenza, da una città diversa però rispetto a quella dell’abitazione d’infanzia, ed esattamente da Memphis, (uno dei tanti centri toccati da un pellegrinare senza sosta) verso il Nord.
Leggendo questo libro ci si immagina a osservare tutti i momenti salienti della vita di Richard Wright, ci si sente lì! Si sentono le botte che prende e dà, si sentono le umiliazioni come se fossero le proprie, si stringono i pugni come li stringeva lui, si sentono le sue paure, si sente la tensione di chi sa di non poter sbagliare una risposta e si sente quasi la fame che sentiva lui, e come lui si vorrebbe combatterla con le poche e spuntate armi a disposizione, come il riempimento con l’acqua della pancia.
Si sente più di tutto, come se fosse un oggetto, un bastone, una mazza di ferro o una pistola, il razzismo pervasivo e stagnante, vivo come magma e come magma bruciante, del Sud degli Stati Uniti verso le donne e gli uomini di colore.
È il tema del libro il razzismo.
È una fortuna aver avuto un autore come Wright, che nel tempo ha imparato a contenersi, ma sopratutto ha perennemente avuto coscienza della propria dignità, sebbene in ogni modo l’ambiente remasse contro ogni consapevolezza riguardo la centralità dei sentimenti dell’essere umano.
L’impegno dello scrittore, concretatosi per disperazione, verso la ricerca di una vita che avesse un significato non solo nella sopravvivenza, è stato sì naturale (pur se come scelta obbligata), ma fortissimo, poiché se da una parte vi erano la sopraffazione e la violenza, verbale e fisica, dei bianchi, nel suo ambiente, dall’altra vi era la rassegnazione dei neri, quando non addirittura il loro non rendersi conto dell’importanza della loro individualità, forse perché molte volte schiacciata già in tenera età.
Vi dico solo che è un libro pazzesco. Vi racconterei qualche aneddoto, ma questa è una recensione. Non posso andar più in là. Fidatevi, leggetelo. Leggetelo e fatelo leggere ai vostri figli, come ai vostri studenti, se insegnate. È adatto a tutti i ragazzi delle superiori, ma, se ben formati, anche a quelli di terza media. Il messaggio è netto, però non è ricercato da locuzioni appositamente costruite, emerge da lucidi racconti che avrebbero potuto far parte della vita di ciascuno di noi. Sono essi così ben descritti che la pelle madida sembra potersi scrutare e la polvere respirare, i rumori delle macchine di un laboratorio d’ottica avvertire troppo forti e le vibrazioni sentire colle gambe.
Un aspetto che mi è piaciuto tantissimo, anche (e che ci si poteva lecitamente non attendere), è stato rappresentato da una vena umoristica incredibile, capace di scaturire da circostanze abbastanza serie, che in effetti ha vissuto l’autore. Il libro ha profondità e ritmo, insomma, ad ogni rigo. Non può lasciare indifferente alcun lettore.
Inoltre è utile a rispolverare o per conoscere sostantivi, verbi e modi di dire inconsueti eppure non arcaici - chissà? - può essere di grande aiuto un giorno; ed ecco, quindi, un nuovo e rilevante motivo per suggerire la lettura ai più giovani, che con la loro mente elastica possono memorizzare facilmente.
Cacciare, nel senso di emettere, come emettere un urlo;
mugghiare, come lamentarsi a ricordo del muggire delle mucche;
involare, come portar via furtivamente;
singultare, come singhiozzare;
zufolare, come fischiettare;
erompere, come tracimare al pari di un fiume arrabbiato;
secolarizzare, come far mutare di proprietà, da ecclesiastica a statale, un bene;
avanzare a tastoni, cioè brancolando nell’impossibilità di vedere gli oggetti intorno prima di sbatterci contro;
squassato, come scosso ben bene;
contrito, come dispiaciuto e sofferente nel pentimento;
allampanato, come molto alto e magro;
eburneo, d’aspetto, cioè bianco a rimembrar l’avorio;
fesso, non nel senso di stupido, bensì di diviso con un taglio, spaccato;
la querimonia, un lamento perdurante e noioso;
il novenne, colui che ha nove anni;
il busillis, cioè il punto difficile;
la bicocca, una casa diroccata, una vera catapecchia;
la marmitta, un recipiente usato in cucina;
l’accolta, un insieme di soggetti in riunione, ma considerati spregevolmente;
la turba, ancora un insieme di soggetti considerati facenti parte di un gruppo, ma disposti non ordinatamente;
il parossismo, l’esasperazione d’un sentimento, uno stato d’animo, una condizione di forte eccitazione.
Non so quante volte valga la pena affermare che un libro non dovrebbe mancare negli scaffali di casa, ma questa è una di quelle sicure volte e se non è possibile possederlo, varrebbe la pena prenderlo in prestito da qualche parte.
È un libro che segna, ed è anche utilissimo a leggere (è il caso di dire) certe “inspiegabili” aggressioni negli USA di oggi, capaci di condurre persino alla morte, magari appena successive a un controllo di polizia di routine, come retaggio di quell’epoca, mi piacerebbe pensare forse soltanto poiché troppo vicina a questa.