Sbracciamoci e scalciamo per ragionare colla nostra testa
Abitiamo un spazio fra individui svogliati e accettanti, quasi sempre, la conformità, al di là della sua corrispondenza col corretto e utile.
Tre pizze per due, quattro chiacchiere e una birra.
Ero andato a gustare una pizza col ragazzo di mia figlia (lei in meritato riposo, una settimana al mare, dalla nonna materna).
Dopo una ricerca sul Web (molto poco conoscendo i locali della zona di Perugia, dove ci trovavamo) e qualche telefonata andata a vuoto, nella speranza di poter prenotare un tavolo, troviamo un ristorante che si presenta dignitosamente.
Entriamo, ci accomodiamo e chiediamo. Io una pizza, lui due (più che giustificate dalla stazza che lo contraddistingue), poi una birra alla spina io e una bottiglia d'acqua lui. C’erano molte famiglie attorno, con un nugolo di bambini e giovani ragazzi. Sicuramente il personale non aveva modo di annoiarsi, fra le variegate ordinazioni e chissà quanti intoppi.
Trascorrono una decina di minuti e una cameriera mi porta la bevanda, ben fredda, che avevo richiesto. Non la tocco, in attesa della pizza, non essendomi lì recato principalmente per bere alcolici, bensì per pasteggiare. Trascorrono altri 10 minuti. Ne seguono ulteriori 10, e poi 10 ancora. A quel punto, essendosi intiepidita la bionda, preannuncio al mio caro commensale che avrei gentilmente chiesto al primo dipendente circolante tra i tavoli di togliermela per, successivamente, portarmene una fresca. La birra risulta piacevole se, contestualmente o quasi, viene fatta recapitare la pizza. Quando la si consegna troppo in anticipo si permette alla stessa di riscaldarsi e, sappiamo tutti, l’innalzamento della temperatura abbassa di parecchio la gradevolezza al palato.
Lui rimane un po’ stupito e mi dice che, normalmente, si porta sempre prima la birra. Io replico mostrando comprensione per l’abitudine, contro cui neppure ho un fastidio, ma c’è un limite di tempo. Esprimo altresì un pizzico d’imbarazzo per la richiesta che avrei avanzato. Infatti, se c’è qualcosa che cerco di fare in tutti i locali pubblici è dare il meno da pensare possibile a me; non trovo simpatico neanche uscire dalle proposte del mangiare e bere che trovo sui menù. Insomma, richiedere la birra fresca al momento della consegna della pizza un minimo mi pesava.
Lui, Lorenzo, continuava a spiegarmi che quello era il protocollo, ma ciò mi ha portato ad aprire un brevissimo dibattito. Dunque, ho tenuto subito a far notare che, prima di tutto la birra andrebbe consegnata col cibo e il fatto che sia di routine portarla prima, e particolarmente che la cosa sia consolidata, non è segno inequivocabile di correttezza di procedura. Poi, se anche la si accetta non è detto che la si debba accettare quando, palesemente, essa inficia la qualità della consumazione globale.
Per la cronaca, appena dopo, parlai con una cameriera, che comprese immediatamente il senso della mia richiesta, comprendendo il disagio. In più, i gestori, per farsi perdonare, in attesa del notissimo piatto partenopeo, ci mandarono alcune stuzzicanti patatine fritte con annesse salsine.
Ciò che conta, tuttavia, in questa storia è l’inscatolamento che abbiamo e voglio far notare (ma tutti, anche io, io non mi tiro fuori, lo combatto ma non arrivo da Marte).
Cioè, noi viviamo di continuo situazioni che sono abitudinarie e, per la loro abitudinarietà, nonché particolarmente per la loro accettazione diffusa, lasciamo che facciano il loro corso; pur se talvolta una vocina cerca di illuminarci.
Racconto un altro aneddoto, diciamo, di prossimità al mondo virtuale stavolta.
Mi è capitato di scambiare qualche battuta su Facebook con un giovane napoletano abitante nella provincia di Milano. A un certo punto gli feci osservare che tutta la frutta dovrebbe esser biologica, o quantomeno la frutta non biologica dovrebbe essere contrassegnata come tale, non quella biologica come biologica. Notai (piacevolmente) tutto il suo stupore quando espressi il mio pensiero. Accordò subito con me e mi confessò non averci pensato prima. Stavo “parlando” con un giovane uomo di ottima cultura, eppure solo in quel momento il pensiero di normalità, come standard, associato alla frutta biologica aveva cominciato a farsi strada in lui.
Il caso indica come non basti lo studio, generico o specifico afferente a quasi qualunque ambito, benché profondo, per tenere gli occhi aperti e sentire l’”allarme” al momento giusto. Non è tanto una questione di conoscenza tout court; tendiamo a non renderci conto che mettiamo, addirittura, da parte la logica per seguire l’abitudine, nostra e/o degli altri. È qualcosa che nuoce sia a noi che a chi abbiamo accanto. È qualcosa, pure, che non sostiene una crescita furba della società.
Non esistono ricette magiche per spaccare, di volta in volta, la scatola immaginaria che abbiamo intorno. Certamente incuriosirsi e confrontarsi con persone che hanno voglia di discutere aiuta moltissimo.