Viaggio al centro della Terra è un classico, forse per i più dedicato ai ragazzi in tenera età, ma a parer mio è capace di far volare la fantasia di chiunque, come solo i migliori testi in circolazione sanno fare.
C’è la possibilità, sfogliandone le pagine, di conoscere meglio la geografia, c’è il “rischio” di appassionarsi alla geologia, più in fondo alla mineralogia o di sentirsi attratti dalla meteorologia. Sopratutto, prepotente si sente il desiderio di prendere e partire con un vestiario basico e una valigia squadrata e robusta richiamante il tipico colore marrone del cartone, avvolta in due robuste cinture, passanti sui bordi più lunghi e dotate di fori cinturati in acciaio.
Se si vuol raffrontare quanto descritto con le reali conoscenze scientifiche dell’epoca in cui fu redatto (non oltre il 1864) c’è tanto (gradevolmente) da approfondire.
Un paio di piccole imperfezioni, probabilmente dovute entrambe (la seconda, direi, di sicuro) a un’imprecisa traduzione, saltano all’occhio. Rispettivamente mi riferisco a quando una superficie isolana viene misurata linearmente e a quando si qualifica come ospite anche colui che, in realtà, ospita. Quest’ultima incongruenza, posso ragionevolmente supporre, si è verificata traducendo da un termine inglese (benché Jules Verne fosse francese) non scovandone la sua sdrucciolevolezza. La parola ingannevole è, a mio modestissimo parere, host.
Le peculiarità caratteriali dei personaggi sono vivide e offrono continue conferme durante il racconto; fisicamente, d’essi, qualche dettaglio non manca. L’opera è così ben stesa che sembra di poter toccare con mano, tanto tali personaggi quanto il resto della natura terrestre intorno, talvolta all’apparenza immobile, ma in verità in inarrestabile mutamento. Rocce, corsi d’acqua di qualunque portata, minerali più o meno rari, magma incandescente, resti organici e persino animali del passato, tra forme reali e mitologiche.
Questo è un romanzo d’avventura che stimola la curiosità, scritto con un estro e un’abilità di penna rari. Leggendolo si può fantasticare ancora sui momenti in cui gli esploratori più fortunati poterono battezzare un capo di promontorio, un mare, un’isola e via discorrendo, perché quest’opportunità (scoprirà chi, ammaliato, si perderà fra le pagine del capolavoro) si presenterà più volte.
Si apprende e, ribadisco, si desidererebbe subito, roteando la carta, cominciare a girovagare. Lo stupore mai abbandona.
Avvicinandosi le festività natalizie, mi sento di consigliare a occhi chiusi questo libro quale regalo; aggiungerei il suggerimento di dettaglio, se l’operazione potrà essere agevole, di verifica traduzione fra le diverse case e gli anni di stampa. Io ho sfogliato un volume datato e non escludo che la stessa Giunti abbia posto rimedio ai due piccoli granchi su riportati attraverso qualche edizione successiva.
Buonissima e scorrevolissima lettura a tutti!